Marco de Angelis, l'antipoeta
Il creatore dell'antipoesia fu Nicanor Parra, cileno, la leggenda vivente di 101 anni che ha inventato il termine e diffuso il genere. Marco De Angelis ne è un adepto. Classe 1987, studente di psicologia presso l'Università degli studi dell'Aquila, ha pubblicato la sua quarta raccolta dal titolo “Ho fatto strage del principio di realtà tra i versi di una poesia (excursus sulla mia alienazione)” il 1 dicembre 2015.
Stile iperbolico, ritmo indomito, Marco è un compositore prodigio. Immune alle
tendenze vampirizzanti, al digiuno dai consensi, restio ad osannarsi;
nel paradosso, rivendica i propri valori senza cercare di
impiacevolirsi, rinserrando se stesso in un mondo interiore impervio,
districandosi fra sogni e utopie, cercando, perdendo e ritrovando il
senso di realtà nei frangenti della propria vita.
A
differenza di quel che sostiene Marco scherzoso, è un libro che non
ha controindicazioni: è uno stimolo ad esplorare se stessi senza
inquietudine, accettando il black out senza sotterfugi, ottemperando
alle sole leggi dell'anima.
Un
connubio di emozioni, un linguaggio ipnotico, privo di filtri,
bestiale. È un libro che conquista per la massiccia umanità, oltre
al sodalizio dell'autore con il verso, colpendo e affondando.
Gli
ho fatto un'intervista.
1. Quando hai capito di esser
nato per la poesia?
Non mi sento nato per fare poesia. Io
sono solo uno qualunque (con qualche problema mentale); non mi piace
essere definito "poeta", oggi sono tutti poeti, artisti,
tutti presi da una social-commedia per nutrire il briciolo di ego che
custodiscono nei loro cervelletti marci di scimmie. Per quanto mi
riguarda sono solo uno che scrive "roba".
2. La prerogativa più importante
di un bravo poeta?
Vorrei evitare di elencare presunte
qualità dei poeti, la verità è che siamo dei disadattati con
evidenti turbe comportamentali, tentiamo disperatamente di trovare un
posto nel mondo vomitando sintagmi e scrivendo con pezzi di anima
quello che abbiamo nella testa.
3. Com'è nata l'idea di scrivere
questa silloge?
Scrivere un libro (un altro) dopo aver
pubblicato già 3 volumi (te l'ho detto che sono pazzo)... Non lo so,
ho bisogno di farlo per dare ordine a ciò che scrivo...
4. Quanto c'è di te nelle poesie
che componi?
Nella roba che scrivo c'è di tutto,
pezzi di me sparsi tra i riflessi delle finestre del mio cervello
dentro un cessume sociale che strappa la pelle di questi esseri
(umani?), proiezioni di un pensiero divergente, astrazioni che si
infilano nei neuroni e mangiano la polpa umida nella mia testa
inutile (sono ottimista).
5. È stato semplice pubblicare?
Pubblicare un libro di poesia?
Semplice? Beh dipende da cosa si intende per "semplice":
oggi ci sono tantissimi mezzi nonché editori (editori???) a
pagamento, che ti permettono di pubblicare un libro ma pagando un
contributo. L'ho fatto anche io, bene o male ci siamo passati un po'
tutti. La mia idea di pubblicazione è cambiata, se ci pensiamo non è
cambiato solo il mercato ma anche il modo di comunicare, quindi
perché restare ancorati al sistema delle lobby editoriali in un
mercato (per la poesia) totalmente fermo? Non ha senso, come molti
che scrivono poesie e si fanno chiamare poeti esclusivamente per
guadagnare.
6. Cosa rappresenta il momento
creativo per te?
I miei momenti creativi sono come gli
escrementi degli scarafaggi, non c'è niente di speciale in me,
credimi, sono solo uno che scrive delle cose, non c'è niente di
mistico o di poetico, solo delle scariche elettrochimiche in un
cervello incastrato in una fogna temporale.
Questa è la pagina ufficiale del libro: https://www.facebook.com/marcodeangelisautore/?fref=ts
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